Pagina 3 – by Luca

Allora facciamo il punto della situazione sulla prima settimana di viaggio.

-Schiena tutto sommato meno rotta del previsto, nonostante i chilometri macinati. Probabilmente comincio a farci l’abitudine un po’ alla volta.

-Spesi all’incirca 17/18€ al giorno a testa tra pasti, sigarette, trasporti e alloggi. Quello che fa salire la media vertiginosamente sono i trasporti, che in realtà non costano un patrimonio rispetto ai prezzi occidentali, ma incidono parecchio in un viaggio low cost.

-Io e Ale zero litigi, anzi anche in questo viaggio ci troviamo sempre d’accordo su cosa fare e dove andare. In più, fortunatamente, abbiamo gli stessi tempi e ritmi, ma eravamo già collaudati a riguardo.

-Cibo finora più che commestibile, anzi direi piuttosto buono. Purtroppo riso e noodles vengono presentati in tutte le variabili possibili, ma sempre carboidrati sono, e in più il riso non ha esattamente proprietà lassative, anzi.

Sono dimagrito. Vuoi perchè non ho più la fame nervosa di quando ero a casa, vuoi perchè non ho più la dispensa sotto mano e mangio i miei tre pasti regolari, vuoi perchè sto perdendo ovviamente quel poco di tono muscolare che avevo acquistato, ma ho perso un po’ di peso e mi vedo meglio. Anche Ale è dimagrito un po’.

Direi un bilancio ottimo!

Indovinate da dove sto scrivendo? Esatto, l’ennesimo sleeping bus. Ma questa volta l’abbiamo fatta grossa. 15 ore. Q-u-i-n-d-i-c-i. Fünfzehn. Cose da far perdere la pazienza a chiunque! Purtroppo il tempo di viaggio verso il Vietnam centrale è questo, sia in autobus che in treno. Quindi forza e coraggio!

Quattro giorni fa arriviamo ad Halog City di prima mattina dopo un viaggio da suicidio. Il tipo vicino a me parla da solo a voce alta per tre quarti del tempo, e ad un certo punto decide di ascoltarsi in loop tutte le suonerie del suo cellulare. Ore di sonno effettivo: quattro, forse quattro e mezza.

C’è un po di foschia fuori, nemmeno paragonabile però alle nebbie di Sapa, e per noi è già un grandissimo passo in avanti. Mi basta smontare dal bus per rendermi conto che quelle otto ore di viaggio ci hanno catapultato nel clima che sognavo dal nostro arrivo. Caldo finalmente! Significa basta jeans, basta maniche lunghe, basta k-way.

Benvenuti ad Halong Bay.

Basta il nome per evocare un posto ai confini della realtà. Dalla riva della città purtroppo riusciamo a scorgere solo in lontananza alcune delle duemila isole che emergono dall’acqua della baia. Non vediamo l’ora di arrivarci, ma come prima cosa abbiamo una meta fissa in mente da raggiungere.

Sappiamo che ad Halong City esiste un posto semi-nascosto, che in pochi conoscono a parte gli abitanti. Ho spulciato nel web a lungo per riuscire a capire dove fosse, ma poi Chris, il ragazzo conosciuto ad Hanoi ci ha aiutato. Posiamo gli zaini nel nostro hotel, noleggiamo uno scooter per qualche ora e partiamo dritti per la nostra strada. Una volta arrivati comincio a chiedere alla gente del posto dove si trova l’ingresso, come ci avevano detto di fare. Tutti indicano con il dito una direzione, senza nemmeno lasciarmi il tempo di finire la domanda. Quasi sapessero perchè siamo li, gli unici occidentali in quella via.

Fino a che lo troviamo. Un piccolo passaggio buio e stretto tra due case, nascosto dal palo dell’elettricità, con un’aria cupa e inquietante che non invita certo a proseguire. Sembra l’ingresso di una catacomba. Entriamo, c’è qualche gradino e poi una porta. Una donna ci sente arrivare ed esce, ci guarda per qualche secondo e ci fa cenno di seguirla lungo il passaggio fino ad un cancello arrugginito. Lo apre, si ferma e aspetta che lo superiamo per poi richiuderlo alle nostre spalle. Mi giro: “E’ la strada giusta?”, ma lei non capisce, si gira e torna indietro. Mi guardo con Ale, capendo che anche lui come me spera di non essersi infilato in una situazione scomoda. Ma ormai proseguiamo.

Siamo ai piedi della Poem Mountain, un colle di 400 metri, e vogliamo arrivare in quello che dovrebbe essere il punto panoramico più incredibile di tutta la baia, ma che nessun turista conosce, o almeno in pochissimi. Sono tutti diretti ia fare una crociera, e nessuno calcola Halong City.

Proseguiamo la strada, da una parte la parete della montagna, dall’altra il retro di una casa. Il passaggio si fa sempre più stretto fino a che non si apre, e davanti a noi comincia una scalinata scavata nella roccia. I gradini sono alti e scheggiati, sicuramente si tratta di qualche lavoro fatto durante la guerra per creare degli appostamenti in cima alla collina. Difatti dopo qualche minuto troviamo una torre di vedetta. Proseguiamo la salita con gli alberi che invadono lo spazio e siamo costretti a scavalcare, e i gradini che un po alla volta si fanno sempre più malmessi. Gradini, gradini e ancora gradini. E nessuno oltre a noi. Ogni tanto mi giro e vedo il panorama della città farsi sempre più ampio. Il fiato arriva agli sgoccioli, ma dopo venti minuti mi rendo conto di essere quasi in cima. Immaginate quanto alti sono quei gradini per scalare 400 metri in venti minuti.

Ormai sono un insieme di sudore e terra, ma ad un certo punto gli alberi si interrompono e quello che si apre davanti mi blocca facendomi salire le lacrime agli occhi in pochissimi secondi.

Lo spettacolo della Baia in tutta la sua maestosità, senza filtri e senza nessun inquinamento. Tantissime isole coperte di fitta vegetazione che emergono dall’acqua a perdita d’occhio, tra le quali i battelli si snodano lasciando dietro di loro una scia di spuma bianca sull’acqua verdastra.

Alzo gli occhi. “Guarda Ale, le aquile…”. Volano esattamente alla nostra altezza, a pochi metri di distanza.

E’ tutto quasi surreale, sembra di essere sul pianeta di Avatar o su un qualche mondo ancora inesplorato.

Saliamo fino al punto più alto dove c’è un trasmettitore, e li per me comincia il dramma.

Le vertigini cominciano a farsi sentire. Non pensavo arrivassero da quanta adrenalina avevo in corpo, anche perchè fino ad ora le avevo provate solo sulla cima della Torre Eiffel e dell’Empire State Building. Eppure eccole.

Ale si sporge fino al limite del precipizio e ha il coraggio di mettersi a fare una diretta su Facebook mentre io sudo freddo scattando a caso ogni angolo storto o dritto che sia.

Per peggiorare la situazione arrivano fino in cima una decina di caprette che mi fanno CIAO e io gli faccio VAFFANCULO STATEMI LONTANE, ma per fortuna mi circumnavigano e proseguono per la loro strada.

La discesa ve la risparmio. 40 minuti di slittamento col culo tra un gradino e l’altro aggrappandomi con le mani a qualunque cosa.

L’indomani decidiamo di fare la cosa più saggia per non correre il rischio di spendere un patrimonio visitando la baia. Ci dirigiamo all’isola di Cat Ba, la più grande dell’arcipelago.

Troviamo un hotel al volo, 5$ a testa a notte colazione inclusa. L’isola non è grande, ci sono un paio di spiagge e nemmeno tanto affollate ma è piena di backpackers come noi e, ahimè, anche di pub e locali che come prima cosa propongono Pizza e patate fritte. Ma manco morto, street food forever!

Il clima è ideale, 27/28 gradi. Giriamo in pantaloncini, canotta e Birkenstock (sempre siano lodate). Comodissime, ma io cado di faccia ogni 5 minuti. Devo capire cosa non funziona con queste ciabatte.

Prenotiamo un tour giornaliero alla baia di Ha Lan (praticamente adiacente e identica alla sorella maggiore, ma meno conosciuta) per 13$, che sono pochissimi rispetto ai prezzi che girano ad Halong, difatti ci puzza un po’ di fregatura. Tra l’altro solitamente noi siamo pro Fai-da-te ma ci rendiamo conto che per godere certi posti non c’è altro modo che unirsi ad un tour organizzato.

Alla fine posso dirvi una cosa? I soldi meglio spesi finora sono stai questi! Super giro in barca della baia, una ventina di persone tra cui il sosia di Rudy Zerbi e quattro americani che passano il tempo a bere di media una birra ogni 10 minuti. Dal pranzo ne usciamo rotolando da quanto cibo c’è, e nel prezzo è inclusa anche la sosta a Monkey Island invasa da invasatissime scimmie che mangiano e bevono di tutto. E in più un giro in kayak della baia, anche se io e Ale decretiamo che mai più kayak in vita nostra. Esattamente come l’ultima volta ci ritroviamo a girare in tondo mentre tutti e dico tutti gli altri vanno avanti dritti come schegge, con l’aggravante che sta volta per frenare spezzo anche quel cazzo di remo di legno in due, e quindi il ritorno è costellato di eresie che riecheggiano nella baia.

In conclusione; se andate alla Baia di Halong tirate dritto per Cat Ba senza pensarci due volte!

Ora siamo diretti nel Vietnam Centrale senza altre tappe nel mezzo. Ci sarebbe il sistema di grotte più grande del mondo da vedere, ma viene circa 3.000$ a persona per visitarlo come si deve. Sta cippa, noi tiriamo dritti a Sud.

Dal finestrino in questo momento vedo nel buio le sagome di palme in mezzo a campi giganteschi pieni d’acqua. Sono curioso di sapere dopo quindici ore di viaggio dove finiremo sta volta.

 

Ah, se vi siete persi per caso le prime pagine del Diario cliccate qui:

Diario di viaggio – pag.1

Diario di viaggio – pag.2

 

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